LE VILLE DEL TERRITORIO FLEGREO
Fino a tutto il III sec. a.C. le ville dell’aristocrazia extraurbana erano organizzate intorno alle esigenze della vita rurale con spazi destinati alle varie funzioni legate alla produzione e trasformazione dei prodotti frutto dell’attività agricola dei fondi in cui erano inserite.
In seguito con l’influsso della cultura greca e dei suoi modelli, anche le ville romane subirono una mutazione tipologica arricchendo la composizione della residenza rurale con portici, percorsi e spazi destinati a funzioni tese a migliorare la vivibilità delle stesse, diventando luoghi dell’otium, indicati, cioè, per il riposo e lo svago, privilegiando per la loro costruzione località di pregio e ricercate.
L’aristocrazia e la classe dirigente romana preferiva trascorrere lunghi soggiorni in sontuose ville, lontana dalla vita politica e dal caos cittadino, dedicandosi con tranquillità ai propri interessi ed è proprio lungo la costa Campana che sorsero le prime ville dette d’otium, ma che consentirono in alcuni casi ad abbinare lauti guadagni praticando l’itticoltura.
Il caso più famoso è quello di Sergio Orata che divenne grosso produttore di molluschi marini e altro ancora. Il portico diventa l’elemento compositivo caratteristico di questo tipo di residenza che si adattava ai pendii costieri mediante una successioni di volumi discendenti verso il mare con ambienti aperti su cortili e patii e che terminava con piccoli porti e spesso con vasche destinate alla coltura ittica.
Il territorio flegreo divenne, nel I sec a.C. la meta più apprezzata dai nobili romani, che la preferivano oltre che per il clima e la bellezza dei luoghi, per le risorse termali e per la vicinanza alle residenze imperiali (il palazzo di Baia e la villa di Tiberio a Capri), al porto di Pozzuoli che fino a quando non fu costruito quello di Ostia era considerato il principale scalo commerciale di Roma.
In quel tempo avere una villa lungo la costa flegrea era simbolo di ricchezza, prestigio personale e politico e spesso queste residenze ospitavano feste, spettacoli e non di rado cenacoli filosofici (vedi i dialoghi ciceroniani ambientati in Campania). Con la caduta dell’impero, le ville già in stato di abbandono furono distrutte dalla furia barbarica, dagli effetti della natura vulcanica e dall’incuria, ma i resti di queste ancora testimoniano la sontuosità di queste residenze.
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